Montegrano e la legge non scritta del familismo: quando la famiglia diventa rifugio e prigione
Nel piccolo paese del Sud Italia analizzato da Banfield, le relazioni sociali sono regolate da un'etica informale: ognuno pensa solo al bene della propria famiglia, e tutto il resto — dallo Stato agli amici — è visto con diffidenza e sospetto. Una società bloccata, dove anche la speranza sembra avere paura.

Nuovo giorno, nuovo articolo, continuando in linea diretta con la sezione dedicata a Banfield, oggi tratteremo del capitolo 6, che tratta del culto della famiglia, riabbracciandosi con gli studi e le osservazioni fatte da Anna Minicuci, delle quali abbiamo parlato in uno degli articoli precedenti (se ve lo siete perso, correte a recuperarlo!).
In una società fondata sul familismo amorale – dove ogni individuo agisce solo per il bene della propria famiglia, senza fidarsi degli altri – il risultato è un sistema in cui nessuno ottiene davvero ciò che ritiene giusto. È il caso di Montegrano, il paese simbolico al centro del celebre studio di Edward Banfield.
In questo contesto, anche la politica diventa un teatro di cinismo e sfiducia. Gli elettori non credono alle promesse dei partiti: preferiscono affidarsi a chi ha già concesso qualcosa in passato, sperando in un tornaconto personale. Come dice un abitante: "Tutti promettono, ma la Democrazia Cristiana qualcosa ha fatto. Perché cambiare?". Allo stesso tempo, c'è la convinzione che chiunque salga al potere ruberà. Così il voto non serve a premiare, ma a punire, e la fedeltà politica è instabile: basta poco perché qualcuno cambi bandiera, come il politico di Montegrano che passa dai monarchici ai comunisti e ritorna, solo per questioni di pagamento.
Banfield osserva che questa mentalità impedisce la nascita di una politica solida. Il voto è segreto, i risultati sono incerti, e non c'è alcuna fiducia sufficiente a costruire vere organizzazioni. I cittadini vendono il loro consenso elettorale, ma nessuno investe in futuro o in progetti collettivi: manca l'idea che qualcosa possa davvero cambiare.
Il culto della famiglia, tra ansia e fatalismo
Nel capitolo 6 del suo studio, Banfield analizza come pensano e vivono gli abitanti di Montegrano. Non seguono una regola dichiarata, ma agiscono come se una norma implicita guidasse ogni comportamento: tutto ruota attorno alla famiglia nucleare. Il senso dell'identità non è personale ma genitoriale: "egli esiste non come ego, ma come genitore". Le storie raccolte nel test TAT rivelano un immaginario fatto di sacrifici e sfortune: "C'era un povero padre con molti figli…" è l'inizio ricorrente.
I genitori si sacrificano per i figli, che però vengono visti come naturalmente pigri e ribelli, da raddrizzare con fatica, come fa Geppetto con Pinocchio. Nonostante l'impegno, rimane sempre la paura che un evento rovini tutto: malattia, morte, rovina. Solo pochissime delle oltre 300 storie raccontate finiscono bene.
Anche i ricchi, come i "gentiluomini", vivono nell'ansia di non riuscire a garantire il futuro dei propri figli. La preoccupazione – una miscela di ansia, paura e presentimento – è un tratto comune a tutte le classi sociali. La speranza non è nella propria capacità, ma in Dio o nella fortuna: anche chi investe in agricoltura lo fa più come scommessa che per convinzione. Ma molti, a Montegrano, non credono nemmeno nella religione: pensano che nulla possa cambiare davvero il proprio destino.
Nessuna fiducia, nemmeno dentro casa
Anche se la famiglia è il centro di tutto, i rapporti non sono affettuosi, ma strategici. I matrimoni si fanno per interesse, non per amore. Dopo le nozze, le relazioni con i suoceri peggiorano, i figli si allontanano dai genitori e i legami di sangue vengono messi da parte. I conflitti tra parenti sono comuni e a volte ridicoli, come quando si lasciano terre incolte solo per ripicca.
Gli amici, invece, sono praticamente inesistenti. Nessuno si fida a sufficienza da creare legami stretti. Ogni favore è un debito da restituire. Mostrare benessere o generosità è pericoloso, perché suscita invidia e porta rancore. Se qualcuno compra un pezzo di salsiccia, lo nasconde sotto il grembiule per non attirare attenzioni malevole. A Montegrano si crede che chi ti conosce troppo bene possa farti del male: "Nessuna famiglia può vedere un'altra prosperare senza provare invidia".
Anche tra paesani regna la diffidenza. Quando una donna vende una macchina da cucire difettosa a un'altra, quest'ultima si lamenta: "Dato che siamo paesani, avrebbe dovuto parlarmi chiaramente". Ma la venditrice, sapendo di lasciare il paese, non teme ritorsioni.
Una società bloccata
Alla fine, tutto ruota attorno all'interesse personale e alla protezione della propria cerchia ristretta. In un ambiente così chiuso, anche il concetto di solidarietà è azzerato. L'amico è un lusso che nessuno si può permettere. Le relazioni sociali sono ridotte a scambi utilitaristici, e ogni forma di fiducia viene vista come un rischio.
Questo ritratto impietoso non è un semplice giudizio morale, ma una fotografia realistica – e per certi versi ancora attuale – di come la mancanza di fiducia e la centralità assoluta della famiglia possano ostacolare lo sviluppo collettivo, economico e politico di una comunità.
Vi ringraziamo per l'attenzione e come sempre vi aspettiamo al prossimo articolo!
Per qualsiasi domanda o curiosità non esitate a contattarci nella pagina "contatti".
Scritto da Anna Patrone.